З творів Сведенборга

 

Arcana Coelestia #9063

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9063. ‘Ad liberum 1 mittet’ illum pro dente ejus': quod significet quod non servire amplius possit interno, constat ex significatione ‘ad liberum 2 mittere’ quod sit dimittere e servitio, ita non amplius servire, ut supra n. 9061, et ex significatione ‘dentis’ quod sit sensuale, de qua nunc supra n. 9062. Quomodo cum his se habet, sciri potest ex illis quae de statu interni hominis cum externus laesus est, mox supra n. 9061 ostensa sunt; similiter se habet cum sensuali laeso, hoc enim est ultimum in naturali homine; quod etiam hoc regenerandum sit ut homo plene regeneratus sit, videatur n. 6844, 6845, 7645. Quod haec quae de oculo et de dente servi aut ancillae statuta sunt, arcana in se contineant quae nemo videre potest nisi per sensum internum, cuivis potest constare; quid enim absque arcana causa foret statuere quod servi dimitterentur liberi propter oculum aut propter dentem, et non propter alia membra 3 cum corrumperentur? sed arcana 4 illa causa patet cum scitur quid in spirituali sensu significatur per ‘oculum’ et per ‘dentem’; quod cum scitur, in lucem venit cur ita statutum sit.

Примітки:

1. dimittet

2. dimittere altered to mittere

3. si

4. The following word or phrase is crossed out in the Manuscript, but it does appear in the first edition.

  
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This is the Third Latin Edition, published by the Swedenborg Society, in London, between 1949 and 1973.

З творів Сведенборга

 

Cielo e inferno #395

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395. 42) Gioia e felicità celeste

Quasi nessuno attualmente sa cosa sia il cielo o cosa sia la gioia celeste. Coloro che si sono soffermati su questi soggetti hanno concepito un'idea così generale e così grossolana su di essi da risultare insignificante. Dagli spiriti che sono passati dal mondo all'altra vita ho potuto apprendere appieno quale idea avessero del cielo e della gioia celeste, perché quando erano lasciati a se stessi, come erano nel mondo, pensavano come quando si trovavano nel mondo. C'è questa ignoranza circa la gioia celeste per la ragione che coloro che hanno ragionato intorno ad essa, si sono fatti un'opinione a partire dalla gioia esteriore che appartiene all'uomo naturale, e non hanno conosciuto cosa sia l'uomo interno o spirituale, né di conseguenza la natura della sua gioia e beatitudine; e perciò anche se gli fosse detto da coloro che sono nella felicità spirituale o interiore cosa sia la gioia celeste, non sarebbero in grado di comprenderla perché resterebbe un concetto a loro sconosciuto, di cui non hanno alcuna percezione; e si collocherebbe pertanto, nel novero delle cose che l'uomo naturale rigetta. Eppure, tutti possono comprendere che quando un uomo lascia il suo esteriore o uomo naturale, egli entra in quello interiore o spirituale, e di conseguenza può vedere che la gioia celeste è interiore e spirituale, piuttosto che esteriore e naturale; ed essendo interiore e spirituale, è più pura e squisita, e influenza l'interiore dell'uomo, che concerne la sua anima o spirito. Semplicemente da queste cose chiunque può concludere che la sua felicità è tale come è stata in precedenza la felicità del suo spirito, e che il piacere del corpo, che si chiama la gioia della carne, a differenza della prima non è celeste; inoltre, tutto ciò che è nello spirito dell'uomo, quando lascia il corpo rimane dopo la morte, dal momento che allora egli vive come un uomo-spirito.

  
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Many thanks to Fondazione Swedenborg for making this translating publicly available.