Die Bibel

 

Genesi 13

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1 Abramo dunque risalì dall’Egitto con sua moglie, con tutto quel che possedeva e con Lot, andando verso il mezzogiorno di Canaan.

2 Abramo era molto ricco di bestiame, d’argento e d’oro.

3 E continuò il suo viaggio dal mezzogiorno fino a Bethel, al luogo ove da principio era stata la sua tenda, fra Bethel ed Ai,

4 al luogo dov’era l’altare ch’egli avea fatto da prima; e quivi Abramo invocò il nome dell’Eterno.

5 Or Lot, che viaggiava con Abramo, aveva anch’egli pecore, buoi e tende.

6 E il paese non era sufficiente perch’essi potessero abitarvi assieme; poiché le loro facoltà erano grandi ed essi non potevano stare assieme.

7 E nacque una contesa fra i pastori del bestiame d’Abramo e i pastori del bestiame di Lot. I Cananei e i Ferezei abitavano a quel tempo nel paese.

8 E Abramo disse a Lot: "Deh, non ci sia contesa fra me e te, né fra i miei pastori e i tuoi pastori, poiché siam fratelli!

9 Tutto il paese non sta esso davanti a te? Deh, separati da me! Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; e se tu vai a destra, io andrò a sinistra".

10 E Lot alzò gli occhi e vide l’intera pianura del Giordano. Prima che l’Eterno avesse distrutto Sodoma e Gomorra, essa era tutta quanta irrigata fino a Tsoar, come il giardino dell’Eterno, come il paese d’Egitto.

11 E Lot si scelse tutta la pianura del Giordano, e partì andando verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro.

12 Abramo dimorò nel paese di Canaan, e Lot abitò nelle città della pianura e andò piantando le sue tende fino a Sodoma.

13 Ora la gente di Sodoma era scellerata e oltremodo peccatrice contro l’Eterno.

14 E l’Eterno disse ad Abramo, dopo che Lot si fu separato da lui: "Alza ora gli occhi tuoi e mira, dal luogo dove sei, a settentrione, a mezzogiorno, a oriente, a occidente.

15 Tutto il paese che vedi, lo darò a te e alla tua progenie, in perpetuo.

16 E farò si che la tua progenie sarà come la polvere della terra; in guisa che, se alcuno può contare la polvere della terra, anche la tua progenie si potrà contare.

17 Lèvati, percorri il paese quant’è lungo e quant’è largo, poiché io te lo darò".

18 Allora Abramo levò le sue tende, e venne ad abitare alle querce di Mamre, che sono a Hebron; e quivi edificò un altare all’Eterno.

   

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Arcana Coelestia #1557

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1557. Tra Bethel e Ai. Che ciò significhi le cose celesti delle conoscenze e le cose del mondo è evidente dal significato di Bethel, cioè la luce della sapienza per mezzo delle conoscenze (vedi n. 1453. E dal significato di Ai, cioè la luce delle cose del mondo (di cui si è detto al n. 1453. Da ciò, si può scorgere quale fosse allora lo stato del Signore nella sua infanzia. E lo stato di un bambino è tale che le cose del mondo sono presenti; perché le cose terrene non possono essere disperse quando la verità e il bene vengono impiantate nelle cose celesti mediante le conoscenze. Perché un uomo non è in grado di distinguere tra cose celesti e mondane finché non sa cosa sia celeste e cosa sia mondano. Le conoscenze rendono distinta un'idea generale e oscura. E più distinta è l'idea resa attraverso le conoscenze, più le cose mondane si possono separare.

[2] E nondimeno, quello stato infantile è santo, perché è innocente. L'ignoranza non esclude in alcun modo la santità, quando c'è l'innocenza; perché la santità alberga nell'ignoranza innocente. Presso tutti, eccetto il Signore, la santità può dimorare solo nell'ignoranza, e se non vi è l'ignoranza, non vi può essere santità. Anche presso gli angeli stessi, che sono nella più elevata luce dell'intelligenza e della sapienza, la santità dimora nell'ignoranza; perché sanno e riconoscono di se stessi, di non sapere alcunché, e che tutto ciò che sanno gli è noto dal Signore. Essi sanno e riconoscono anche che tutta la loro conoscenza, intelligenza e sapienza, non è nulla rapportata con l'infinita conoscenza, intelligenza e sapienza del Signore. Dunque questa è l'ignoranza. Colui che non riconosce che ci sono cose infinite che egli ignora, al di là di quelle che conosce, non può essere nella santità dell'ignoranza in cui sono gli angeli.

[3] La santità dell'ignoranza non consiste nell'essere più ignoranti di altri; ma nel riconoscimento che da sé stesso l'uomo non sa nulla; e che le cose che non conosce sono infinite rispetto a quelle che conosce. E soprattutto nel considerare le conoscenze mondane e dell'intelletto come cose trascurabili in confronto alle cose celesti cioè le cose dell'intelletto in confronto con le cose della vita. Riguardo al Signore, poiché egli doveva congiungere le cose umane con le cose Divine, avanzò secondo l'ordine. E ora per la prima volta giunse allo stato celeste come nell'infanzia. In quello stato anche le cose mondane erano presenti. Avanzando da questo in uno stato ancora più celeste, egli giunse nello stato celeste dell'infanzia e, in questo, egli congiunse pienamente l'essenza umana con l'essenza Divina.

  
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