588. Ma si dice del Signore che egli si pente ed è addolorato in cuor suo, perché sembra che vi sia un tale sentimento nella pietà umana, in modo che ciò che si dice qui del pentimento del Signore e della afflizione è detto secondo l'apparenza, come in molti altri passi nella Parola. Nessuno può conoscere la misericordia del Signore, perché trascende infinitamente la comprensione dell'uomo. Ma quale sia la misericordia umana è a tutti noto, che si possa essere pentiti e afflitti; e se l'uomo avesse concepito una sua idea di misericordia secondo il proprio apprezzamento, non avrebbe avuto alcuna idea di essa, e quindi non potrebbe essere istruito. E questo è il motivo per cui le caratteristiche umane sono spesso riferite o attribuite al Signore, come che il Signore punisce, conduce in tentazione, distrugge, ed è adirato. Invero egli giammai punisce alcuno, non conduce alcuno in tentazione, non distrugge nulla, né è mai arrabbiato. Ma, poiché queste condotte fanno riferimento al Signore, ne consegue che il pentimento e l'afflizione possono essere a lui riferiti; perché il riferimento a questi segue da quegli altri, come appare chiaramente dai seguenti passi della Parola.
[2] In Ezechiele:
La mia ira sarà consumata, darò sfogo della mia collera, e sarà causa di pentimento (Ezechiele 5:13)
Qui, perché ira e collera sono citate, si fa anche riferimento al pentimento.
In Zaccaria:
Come decisi di affliggervi quando i vostri padri mi provocarono all'ira, dice il Signore Zebaoth, e non mi pentii di ciò, così ancora in questi giorni beneficerò Gerusalemme e la casa di Giuda (Zaccaria 8:14-15)
Qui si dice che il Signore decise di affliggere, e invero egli non ha mai pensato di fare del male ad alcuno, ma soltanto il bene a tutti ed a ciascuno.
In Mosè, quando pregò tolleranza del volto del Signore:
Allontana l'irruenza della tua collera e desisti dal proposito di affliggere il tuo popolo; e il Signore si pentì del male che avrebbe fatto al suo popolo (Esodo 32:12, 14)
Anche qui l'irruenza della tua collera è attribuita al Signore, e di conseguenza il pentimento.
In Giona, il re di Ninive, dichiara:
Chissà che Dio non desista e si ravveda, allontanando da sé l'ardore della sua ira, in modo che noi non abbiamo a perire? (Giona 3:9)
Qui allo stesso modo ravvedimento è citato unitamente a ira.
[3] In Osea:
Il mio cuore si commuove; il mio intimo si accende di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira (Osea 11:8-9)
dove allo stesso modo si dice del cuore che si accende di compassione, proprio come nel verso che stiamo esaminando, ove si dice che egli è addolorato nel cuore. Il pentimento chiaramente rappresenta una sconfinata misericordia. Così in Gioele:
Volgiti verso il Signore tuo Dio; perché egli è misericordioso e compassionevole, lento all'ira e generoso nell'amore, e sollecito nel ravvedersi del male (Gioele 2:13); dove anche ravvedersi rappresenta palesemente la misericordia.
In Geremia:
Se essi daranno ascolto, e devieranno dalla loro cattiva strada, mi pentirò del male (Geremia 26:3)
volendo intendere l'avere misericordia.
Nello stesso profeta:
Se quella nazione desisterà dalla sua malvagità, mi ravvedrò del male (Geremia 18:8)
dove anche ravvedersi significa avere misericordia a condizione che essi avessero desistito dal male. Perché è l'uomo che allontana da se stesso la misericordia del Signore: il Signore non distoglie mai la misericordia dall'uomo.