Dalle opere di Swedenborg

 

Cavallo bianco #1

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1. Nell’Apocalisse, questo è il modo in cui Giovanni descrive la Parola in quanto al suo significato spirituale o interiore:

Vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco. E colui che lo cavalcava è stato chiamato fedele e verace, perché giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco; ha molte gemme sul capo e porta scritto un nome che egli solo conosce. È vestito di un mantello intriso di sangue e il suo nome è la Parola di Dio. Le schiere celesti lo seguivano su cavalli bianchi, vestite di bianco, di puro lino finissimo. Sul mantello e sulla coscia porta scritto il suo nome: Re dei re e Signore dei signori. (Apocalisse 19:11-12, 13-14, 16).

Soltanto dal significato interiore si possono conoscere le implicazioni di questa descrizione particolareggiata. È evidente che ogni singolo dettaglio - il il cielo che è aperto; il cavallo che è di colore bianco; colui che lo cavalcava; il suo giudicare e combattere con giustizia; i suoi occhi nella forma della fiamma di fuoco; che avesse molte gemme sul capo; il fatto che avesse un nome che nessuno conosceva tranne lui; il suo essere avvolto in un mantello intriso di sangue; le schiere celesti, avvolte in fine lino bianco e puro, che lo seguivano su cavalli bianchi; che avesse un nome scritto sul suo mantello e sulla coscia - rappresenta e significa qualcosa. Si dice chiaramente che questa è la descrizione della Parola, e che è il Signore è la Parola, poiché si dice, il suo nome è chiamato la Parola di Dio; e poi si dice che sulla sua veste e sulla coscia porta scritto il nome; Re dei re e Signore dei signori.

[2] Se interpretiamo le singole parole, possiamo vedere che descrivono il senso spirituale

o interiore della Parola. Il cielo che si apre rappresenta e significa il senso interiore della Parola, che si vede nel cielo e quindi viene visto in questo mondo dalle persone a cui il cielo è stato aperto. Il cavallo bianco rappresenta e significa la comprensione della Parola in relazione al suo contenuto più profondo; la ragione di questo significato del cavallo bianco sarà chiarita di seguito. Senza dubbio, colui che era seduto sul cavallo è il Signore in quanto Parola ed è quindi la Parola, dal momento che si dice, il suo nome è la Parola di Dio. Egli è descritto come fedele e giudice giusto, perché è il bene; e come verace, e che combatte con giustizia, perché è la verità, dal momento che il Signore stesso è la giustizia. Che i suoi occhi sono una fiamma di fuoco significa la Divina verità che procede dal Divino bene del suo Divino amore. Il suo avere molte gemme sul capo, significa tutte le specie di bene e di verità che appartengono alla fede. Il suo avere un nome che egli solo conosce, significa che ciò che la Parola è in quanto al suo significato interiore non è accessibile a nessuno, tranne a lui e a coloro ai quali egli lo rivela. Il suo essere avvolto in un mantello intriso di sangue significa la Parola nel suo significato letterale, che ha subito violenza. Le schiere celesti che lo seguivano su cavalli bianchi indicano le persone che hanno la capacità d’intendere i contenuti più profondi della Parola. Il loro essere rivestiti con fine lino, bianco e puro, significa che queste persone hanno la consapevolezza della verità che deriva dall’agire rettamente. Il suo avere un nome scritto sul mantello e sulla coscia significa ciò che è vero e ciò che è bene; e ciò che è bene e ciò che è vero, sono simili.

[3] Si può vedere da questo e da quello che precede e che segue questo passo della Parola che qui abbiamo una previsione che nell’ultimo tempo della chiesa il significato spirituale

o interiore della Parola sarà dischiuso. Cosa accadrà poi è descritto nei versi Apocalisse 19:17-21.

Non è necessario dimostrare qui che questo è il significato di queste parole, dal momento che i particolari sono stati illustrati in Arcana Coelestia nel seguente ordine:

il Signore è la Parola, perché egli è la Divina verità: 2533, 2813, 2894, 5272, 8535; la Parola è la Divina verità: 4692, 5075, 9987; si dice che Colui che sedeva sui cavalli giudica e combatte con giustizia perché il Signore è la giustizia; il Signore si chiama giustizia, perché ha salvato il genere umano dal proprio della sua volontà: 1813, 2025, 2026, 2027, 9715, 9809, 10019, 10152; la giustizia è una forma di merito che appartiene unicamente al Signore da solo: 9715, 9979;

la somiglianza dei suoi occhi ad una fiamma di fuoco significa la Divina verità che procede dal Divino bene del suo Divino amore, perché gli occhi significano l’intelletto e la verità che appartiene alla fede: 2701, 4403, 4421, 4523, 4534, 6923, 9051, 10569; e una fiamma di fuoco significa il bene dell’amore: 934, 4906, 5215, 6314, 6832;

le gemme sul capo significano tutte le specie di bene e di verità che appartengono alla fede: 114, 3858, 6335, 6640, 9863, 9865, 9868, 9873, 9905;

il suo avere un nome che egli solo conosce, significa che ciò che la Parola è in quanto al suo significato interiore, non è accessibile a nessuno, tranne a lui e a coloro ai quali egli lo rivela, perché il nome significa ciò a cui la cosa denominata realmente somiglia: 144, 145, 1754, 1896, 2009, 2724, 3006, 3237, 3421, 6674, 9310;

il suo essere avvolto in un mantello intriso di sangue significa la Parola nel suo significato letterale, che ha subito violenza, perché un indumento significa la verità, la quale riveste ciò che è bene: 1073, 2576, 5248, 5319, 5954, 9212, 9216, 9952, 10536, e questo con particolare riferimento alle forme più esterne di verità, e quindi alla Parola nel senso letterale: Arcana Coelestia 5248, 6918, 9158, 9212; e poiché il sangue significa la violenza inflitta alla verità, da ciò che è falso: 374, 1005, 4735, 5476, 9127;

le schiere celesti che lo seguivano su cavalli bianchi significa le persone che hanno la capacità d’intendere i contenuti più profondi della Parola, perché schiere significa le

persone che hanno la capacità d’intendere la verità e l’amore di fare del bene, che sono caratteristici del cielo e della chiesa: 3448, 7236, 7988, 8019; cavallo significa l’intelletto: 3217, 5321, 6125, 6400, 6534, 6534, 7024, 8146, 8381; e bianco significa la verità che è nella luce del cielo, e quindi significa la verità più profonda: 3301, 3993, 4007, 5319;

il loro essere stati rivestiti con fine lino, bianco e puro, significa che queste persone hanno una consapevolezza della verità che procede dall’agire bene, perché le vesti di lino significano la verità da un’origine celeste, che è la verità derivanti da ciò che è bene: 5319, 9469;

iIl suo avere un nome scritto sul suo mantello e sulla coscia significa ciò che è vero e ciò che è bene e ciò a cui la verità e il bene sono simili, perché un mantello significa ciò che è vero e un nome significa ciò a cui la verità è simile, e la coscia significa la bontà che viene dall’amore: 3021, 4277, 4280, 9961, 10488;

Re dei re e Signore dei signori è il Signore in quanto alla Divina verità e alla Divina bontà; Il Signore è chiamato Re in ragione della sua Divina verità: 3009, 5068, 6148.

Egli è chiamato Signore in ragione della sua Divina bontà: 4973, 9167, 9194.

Possiamo vedere di qui ciò che la Parola è nel suo senso spirituale o interiore, e che non c’è una solo termine in essa che non significhi qualcosa di spirituale; qualcosa che riguarda circa il cielo e la chiesa.

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Dalle opere di Swedenborg

 

Arcana Coelestia #3300

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3300. ‘Et exivit primus rufus totus is, sicut tunica pilosa’: quod significet bonum vitae veri 1 naturalis, constat ex significatione ‘exire’ quod sit nasci; ex significatione ‘rufi’ quod sit bonum vitae, de qua sequitur; et ex significatione ‘tunicae pilosae’ quod sit verum naturalis, de qua etiam sequitur; quod is ‘primus’ fuerit, significat quod bonum quoad essentiam sit prius, ut supra n. 3299 dictum; dicitur etiam ‘tunica pilosa’ ut significetur quod bonum indutum sit vero, sicut tenello vase aut corpore, ut quoque supra n. 3299 dictum; ‘tunica’ in Verbo nec aliud in sensu interno significat quam tale quod aliud investit, quare etiam vera comparantur vestibus n. 1073, 2576.

[2] Quod ‘rufum’ seu rubrum significet bonum vitae, inde est quia omne bonum est amoris, ac ipse amor est ignis caelestis et spiritualis; etiam comparatur sanguini et quoque vocatur ignis, videatur n. 933-936; tum quoque amor comparatur sanguini et quoque vocatur sanguis, n. 1001; quia utrumque rubet, ideo bonum quod est amoris, significatur per ‘rufum’ seu rubrum; ut quoque constare potest ab his in Verbo locis; in prophetia Jacobi, tunc Israelis, Lavabit in vino indumentum suum, et in sanguine uvarum velamen suum, ruber oculis prae vino et albus dentes prae lacte, Gen. 49:11, 12;

ubi de Jehudah, per quem ibi intelligitur Dominus, ut cuivis constare potest; ‘indumentum’ ibi et ‘velamen’ est Divinum Naturale Domini; ‘vinum et sanguis uvarum’ est Divinum Bonum et Divinum Verum Naturalis, de illo dicitur quod sit ‘ruber oculis prae vino’, de hoc quod sit ‘albus dentes prae lacte’; est conjunctio boni et veri in Naturali quae ita describitur:

[3] apud Esaiam,

Quis hic qui venit ex Edom, ... ruber quoad vestem 2 , et vestes sicut calcantis in torculari? 63:2;

ubi ‘Edom’ pro Divino Bono Divini Naturalis Domini, ut ex sequentibus patebit; ‘ruber quoad vestem’ est bonum veri, ‘vestes sicut calcantis in torculari’ est verum boni: apud Jeremiam,

Albi erant naziraei ejus prae nive, candidi erant prae lacte, rubri erant osse prae gemmis rubentibus, sapphirus polities eorum, Thren. 4:7;

per ‘naziraeos’ repraesentabatur Dominus quoad Divinum Humanum, cumprimis quoad Divinum Naturale, ita bonum ibi per quod ‘rubri essent osse prae gemmis rubentibus’.

[4] Quia ‘rubrum’ significabat bonum, imprimis bonum naturalis, 3 ideo in Ecclesia Judaica, ubi omnia et singula repraesentativa erant Domini, ac inde regni Ipsius, consequenter boni et veri quia ex his regnum Domini, mandatum est Quod tegumentum tentorii esset ex pellibus arietum rubrorum, Exod. 25:5; 26:14; 35:5-7, 23; 36:19: et quoque Quod aqua expiationis fieret ex cinere combustae vaccae rubrae, Num. 19:2, seq. ;

nisi color ruber significavisset aliquod caeleste in regno Domini, nusquam mandatum fuisset quod arietes essent rubri, et vacca rubra; quod sancta per illa repraesentata sint, agnoscit quisque qui Verbum sanctum habet: quia ruber color illud significabat, ideo etiam Tegumentis tentorii intertexta fuerunt et alligata quae ex colore coccineo, purpureo, hyacinthino, Exod. 35:6 4 .

[5] Sicut paene omnia etiam sensum oppositum habent, ut saepius dictum, ita quoque ‘rubrum’; significat tunc malum quod est amoris sui, et hoc inde quoque, quia cupiditates amoris sui comparantur igni et vocantur ignis, n. 934f, 1297, 1527, 1528, 1861, 2446; similiter comparantur sanguini, et vocantur sanguis, n. 374, 954, 1005; inde rubrum in opposito sensu illa significat, ut apud Esaiam,

Dixit Jehovah, Si fuerint peccata vestra sicut coccinea, sicut nix albescent; si rubuerint sicut purpura, sicut lana erunt, 1:18:

apud Nahum, Clypeus fortium Belialis, ruber factus, viri roboris purpurati, in igne facularum currus in die, 2:4 [KJV 3]:

apud Johannem, Visum est aliud signum in caelo, ecce draco magnus rufus, habens capita septem, et super capitibus diademata septem,

[Apoc. ] 12:3:

apud eundem,

Vidi, ecce equus albus, et sedens super illo habens arcum, cui data est corona, hic exivit vincens, et ut vinceret; tunc exivit alius equus rufus, et sedenti super equo datum est ut auferret pacem de terra, et ut se invicem occiderent, unde data est illi machaera magna; post exivit equus niger, tandem equus pallens, cui nomen mors, Apoc. vi

2-8.

Note a piè di pagina:

1. naturale, in the First Latin Edition The Manuscript alters naturalis to naturale, but see 3305 and 3317.

2. The Manuscript inserts tuam.

3. id est, in the First Latin Edition

4. 5, 6, 7, 23, in the Manuscript, 5, in the First Latin Edition

  
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This is the Third Latin Edition, published by the Swedenborg Society, in London, between 1949 and 1973.

Dalle opere di Swedenborg

 

Arcana Coelestia #2004

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2004. E tu sarai padre di una moltitudine di nazioni. Che questo questo significhi l'unione dell'essenza umana con la Divina essenza non può essere visto distintamente dal dispiegarsi delle parole nel senso interno, a meno che non siano viste in una sorta di idea generale, da cui questo senso affiora; perché tale è talvolta la natura del senso interno; e quando è così, può essere definito universale, perché più remoto. Dalla spiegazione delle parole risulta questo significato immediato: che tutta la verità e tutto il bene procedono dal Signore, poiché come vedremo, l’espressione padre qui significa da lui, cioè dal Signore. Moltitudine significa verità; e nazioni significa il bene, che ne deriva. Ma, dato che questi, cioè le verità e i beni, sono il mezzo attraverso il quale il Signore ha unito l'essenza umana alla Divina essenza, da ciò scaturisce il più universale e il più lontano dei significati. Gli angeli percepiscono così queste parole, e hanno allo stesso tempo una percezione di unione reciproca, vale a dire quella della Divina essenza del Signore con l'essenza umana e dell’essenza umana con la Divina essenza divina; perché, come è stato detto prima, Io, la mia alleanza è con te, significa l'unione della Divina essenza con l'essenza umana; e di conseguenza le parole ora in esame significano l'unione dell'essenza umana con la Divina essenza.

[2] Che l'unione sia stata effettuata reciprocamente è un arcano che non è stato ancora rivelato, ed è un arcano tale che può a malapena essere compreso; perché nel tempo presente nessuno sa cosa sia l'influsso; e senza una conoscenza dell’influsso, nessuna idea può essere formata in relazione all'unione reciproca. Nondimeno, questo potrebbe in qualche misura essere illustrato dall'influsso nell'uomo, perché anche nell'uomo vi è un’unione reciproca. Dal Signore, attraverso l'uomo interno - di cui si è trattato appena sopra, n. 1999 - la vita continuamente fluisce nell’uomo razionale, e attraverso questo nel suo esterno, e segnatamente, nelle sue conoscenze; e questa vita non adatta questi destinatari a ricevere la vita stessa, ma li dispone anche in un ordine tale da permettere all'uomo di pensare, e infine di essere razionale. Tale è la congiunzione del Signore presso l'uomo; senza di essa l'uomo non potrebbe pensare affatto, e ancora meno essere razionale, come chiunque può vedere dal fatto che nei pensieri dell'uomo ci sono innumerevoli arcani inerenti la scienza e l’arte analitica; così numerosi da renderne possibile l’esplorazione nell'eternità. E questi arcani non fluiscono in alcun modo attraverso i sensi ovvero attraverso l'uomo esterno, ma attraverso l'uomo interno. Nondimeno, l'uomo, da parte sua, per mezzo delle conoscenze, progredisce nell’avvicinamento a questa vita che è dal Signore, e quindi si congiunge reciprocamente.

[3] Ma riguardo all'unione della Divina essenza del Signore con la sua essenza umana e della sua essenza umana con la sua Divina essenza, questa trascende infinitamente la congiunzione reciproca tra l'uomo e il Signore, perché l'interno del Signore era Jehovah stesso, e quindi era la vita stessa; laddove l’interno dell'uomo non è il Signore, e quindi non è la vita ma un destinatario della vita. Tra il Signore e Jehovah c'era unione, mentre tra l'uomo e il Signore non c'è non unione, ma congiunzione. Il Signore si unì a Jehovah per mezzo del suo stesso potere, e perciò divenne anche la giustizia stessa. L'uomo non si congiunge in alcun modo dal suo proprio potere, ma solo dal il potere del Signore; cosicché è il Signore che congiunge se stesso all'uomo. È questa unione reciproca che è

intesa dal Signore, laddove egli attribuisce ciò che è suo al Padre e ciò che è del Padre a se stesso, come in Giovanni:

Gesù disse: Colui che crede in me, non crede a me, ma a colui che mi ha mandato: io sono venuto a portare la luce nel mondo, chiunque crede in me non può dimorare nell'oscurità (Giovanni 12:44-46)

in cui le parole nascondono gli arcani più profondi, inerenti l'unione del bene con la verità e della verità con il bene; o ciò che è lo stesso, l'unione della Divina essenza e con l'essenza umana, e dell'essenza umana con la Divina essenza; perciò il Signore dice: Chi crede in me, non crede a me, ma a colui che mi ha mandato"; e poi quasi immediatamente dopo aggiunge: Chi crede in me; con parole frapposte che fanno riferimento a questa unione, vale a dire, Colui che vede me, vede colui che mi ha mandato.

[4] Ancora, nello stesso vangelo:

Le parole che vi dico, non le dico da me stesso. Il Padre che dimora in me, compie le opere. Credetemi che io sono nel Padre e il Padre è in me. In verità vi dico, colui che crede in me, farà anche le opere che io faccio (Giovanni 14:10-12)

In queste parole sono contenuti gli stessi arcani, vale a dire quelli concernenti l'unione del bene con la verità e della verità con il bene, o ciò che è lo stesso, della Divina essenza del Signore con l’essenza umana, e della sua essenza umana con la sua Divina essenza. E perciò dice: Le parole che vi dico non le dico da me stesso. Il Padre che è in me compie le opere. E poi quasi immediatamente dopo aggiunge: le opere che io faccio. Qui, come prima, sono frapposte parole inerenti l'unione, laddove si dice: Io sono nel Padre e il Padre è in me. Questa è l'unione mistica di cui molti parlano.

[5] Da tutto ciò è evidente che il Signore non era un altro rispetto al Padre, sebbene parlasse del Padre come di un altro, e questo in ragione dell'unione reciproca che doveva essere effettuata e che fu effettuata; perché egli afferma così tante volte, apertamente di essere uno con il Padre, come nei passi appena citati: Chi vede me, vede colui che mi ha mandato (Giovanni 12:45); e anche: Il Padre che dimora in me. Credetemi che io sono nel Padre e il Padre è in me (Giovanni 14:10-11); e nello stesso vangelo: Se mi aveste conosciuto, avreste conosciuto anche il Padre mio (Giovanni 8:19); e ancora: Se voi mi conoscete, conoscete anche il Padre mio; e da ora in poi lo avete conosciuto e l'avete visto. Filippo gli chiese, Signore, mostraci il Padre; Gesù gli disse: Io sono con voi da così tanto tempo, e tu non mi conosci, Filippo? Colui che mi ha visto, ha visto il Padre; perché dunque tu dici, mostraci il Padre? Non credi tu che io sia nel Padre e che il Padre è in me?

(Giovanni 14:7-10).

e ancora, Io e il Padre siamo uno(Giovanni 10:30).

Di qui nel cielo non è conosciuto altro Padre che il Signore, perché il Padre è in lui, ed egli è uno con il Padre. E quando essi lo vedono, vedono il Padre, come egli stesso dice (si veda il n. 15).

  
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Many thanks to Fondazione Swedenborg for making this translating publicly available.